lunedì 4 aprile 2016

IL BAMBINO SENZA NOME di Mark Kurzem

anno: 2013
edizione: Piemme

L'incontro con questo libro è una bellissima sorpresa del bookcrossing. E ringrazio vivamente chi ha deciso di donare questo libro a questa bellissima iniziativa che lo ha portato a me. 
Ovviamente dopo aver scritto questo mio consiglio di lettura lo riporterò al banchetto così che altri fortunati lettori possano leggerlo...

La cosa più importante di questo libro e quella che lo rende ancora più prezioso è sicuramente il fatto che narri una storia vera. L'ingrediente essenziale di questo romanzo è la memoria.

Mark è un giovane ricercatore australiano che vive ad Oxford. Un giorno inaspettatamente riceve la visita di suo padre Alex che gli confida una storia incredibile sulla sua infanzia.
Cresciuto in Russia ed emigrato in Australia dopo la guerra Alex ha vissuto per cinquant'anni nascondendo il segreto e i resti del suo passato in una vecchia valigia, lasciandosi credere da tutti figlio di russi emigrati. Ma in realtà lui é un ebreo, scampato ai massacri e cresciuto dagli ufficiali di un battaglione nazista, diventandone una piccola mascotte.
Ma il passato, rimasto nascosto per così tanti anni, torna a riaffacciarsi nel presente di Alex con continui e violenti incubi notturni e la ricerca delle sue origini diventa prepotentemente necessaria. Il figlio Mark diventa intimo confidente del padre e prezioso investigatore. E sarà grazie all'impegno del figlio Mark, ai ricordi frammentari del padre che mano a mano si presentano nei sogni, a flash back che rispuntano dal nulla, a vecchie fotografie e a una forte componente di casualità e fortuna che Alex riuscirà a scoprire le sue origini.

L'olocausto è un periodo così scuro, crudele e recente della nostra storia che ci fa indignare. Uomini, donne e bambini innocenti furono uccisi per scopi politici e per la pazzia di uomini convinti di appartenere ad una razza eletta.
Divesamente da altri libri sull'olocausto scritti da vittime e sopravvissuti, questo libro ci da un punto di vista nuovo: il punto di vista di chi si ritrova in mezzo, una vittima cresciuta dai carnefici. Nei racconti di Alex c'è la visione di un bambino che ha assistito a tutta la brutalità dello sterminio, conteso fra l'amore per il proprio popolo e quel profondo senso di riconoscenza verso chi lo ha salvato e cresciuto, senza poter capire il motivo di tanta crudeltà e sentendosi complice impotente di quanto accadeva intorno a lui. Alex è un uomo combattuto fra il senso di colpa per aver dimenticato le proprie origini e la scoperta di essere un "sopravvissuto" ebreo cresciuto dal nemico. Lui non ha vissuto il campo di concentramento, non ha vissuto la prigionia, non ha odio verso gli ufficiali nazisti che lo hanno coccolato e istruito, lo hanno vestito con le loro divise, lo hanno fotografato e lo hanno reso partecipe delle loro vittorie. Lui ha dimenticato il suo passato, il viso di sua madre, i nomi dei fratelli. 

Per questo dico che la componente essenziale di questo libro è proprio la memoria. La memoria di Alex che come un fiume in piena riporta i detriti di una vita cancellata ma che deve assolutamente essere ricostruita.
Così come la memoria di quel periodo deve essere rinnovata, tramandata, raccontata ai nostri figli a scuola e nelle famiglie perché ciò che è stato non accada più perché drammi come l'olocausto sono una profonda e insensata vergogna, per tutta l'umanità .

Un Cuore nel Sole

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