giovedì 17 dicembre 2015

LA FATA ROSA E LA GATTA NERA parte 3


Gli abitanti di Bontown salutarono la fata Rosa e poco più in là dalla sua casa si accordarono per una riunione straordinaria quella sera stessa, presso l'ufficio del consiglio, dovevavo essere tutti presenti tranne la fata Rosa per decidere come eliminare la strega, e così la sua cattiveria.

Per anni, infatti la strega aveva padroneggiato nella zona, e nessuno si spiegava come mai fino ad allora non si fossero mai ribellati. Forse perchè fino a quel momento la strega aveva semplicemente rubato cose materiali, si era appropriata di parte dei loro raccolti, aveva rubato suppellettili per il suo uso personale ma non aveva mai fatto del male a nessuno del villaggio fisicamente ma solo spaventando con le sue minacce.
Tutti sospettavano che quelli della strega fossero più dispetti e volontà di dimostrare la sua superiorità, piuttosto che vera cattiveria. Era sola quella donna, sola in un castello tetro e buio.
Era triste. Ma cosa era stato prima? La tristezza della strega o l'oscurità nella quale si trovava?
Da quel che ne sapevano la strega era nata in quel castello e non ne era mai uscita, se non già da vecchia dimostrando da subito solo odio e possesso verso i cittadini.
Non aveva mai incontrato un sorriso durante i suoi viaggi verso il paese. Tutti scappavano appena la vedevano e si ritiravano nelle proprie case, cercando di evitarla il più possibile.
Quella donna avrà mai incontrato un sorriso amico nella sua vita? E che ricordi avrà? Che sogni avrà?
La fata Rosa aveva raccontata di come aveva fatto leva sulla sua vanità per convincerla a lasciarle curare il gatto, ma questa vanità da cosa nasceva se era sempre sola e quindi non aveva da compiacere nessuno? Non poteva essere in competizione con nessuno dal momento che nessuno si curava di quel che lei faceva o aveva? O magari lei non lo sapeva e, come lei guardava agli altri, pensava che gli altri guardassero a lei. Per questo aveva esposto il gatto finché era bello, per far ingelosire il mondo, il re o chi altri, e poi lo aveva ritirato appena aveva iniziato a deperire, dimenticandosi del tutto dell'animale e concentrandosi su un nuovo modo per farsi notare. Per questo aveva rubato il vaso di vetro soffiato della marchesa, perché tutti lo avevano ammirato e lei era gelosa di non averne uno altrettanto bello?
Per questo aveva rubato le mele del fattore, perché erano state le più buone quell'anno e lui aveva vinto un premio alla fiera. Era gelosa.
Sola, triste e gelosa.

Così discorrevano i cittadini quella sera durante la riunione straordinaria. Si guardavano l'uno l'altro e si chiedevano come fare. La riunione era nata per trovare un piano per scacciare la strega, ma dopo tutti questi ragionamenti, invece della rabbia, scese su tutti gli abitanti di Bontown una lieve aurea di pena.
Povera strega, tutta sola in quel castello. Forse anche loro si sarebbero incattiviti così se non avessero avuto una vita piena di cose belle, ma solo di ombre.

E a poco a poco negli occhi e nelle mani di queste povere persone si presentò un dolce pensiero. Fata Rosa era riuscita a convincere la strega a darle il suo gatto, per farlo tornare bello, quindi anche lei amava la bellezza e loro potevano farle conoscere un altro modo di vivere. 
Si presentarono a casa della fata Rosa il mattino successivo.
La misero al corrente del loro piano. In quel mese, mentre lei sarebbe stata impegnata a rinfocillare e guarire il gatto, loro avrebbero preparato dei doni per la strega e nel giorno in cui lei avrebbe riconsegnato il gatto, loro sarebbero andati con lei e avrebbero fatto una festa alla strega.
Fata Rosa si stupì di quanto i cittadini avevano concordato. Non era sicura che ciò bastasse a cancellare anni di buio e a cambiare un cuore così indurito. Ma nonostante i suoi timori, accettò.
Tutto il paese si mise all'opera e mentre il gatto acquistava peso, vivacità e splendore, i doni per la strega si accumulavano in attesa del grande giorno.

Dopo ventinove giorni il gatto dormiva sulla cinta accanto alla gatta Ombretta e chi passava di là si meravigliava del suo mantello lucido e morbido. Era un gatto stupendo, occhi acquamarina e pelo rossiccio, nessuno poteva immaginare che fosse così quando la fata Rosa lo aveva portato alla sua casa perché sembrava grigio, proprio come la strega. Il giorno dopo sarebbe stato il "grande giorno" e tutti erano pronti per andare dalla strega.

Tutti i cittadini con a capo la fata Rosa partirono verso il castello alle prime luci dell'alba. Una lunga fila di carri e cavalli carichi bellezze e bontà. Vino, torte, frutta fresca di ogni genere, vasi, utensili e gioielli per la strega. Una bambola, che forse non aveva mai avute e in capo a tutti il gatto: bello, morbido, sano e fiero e un po' spaventato per il suo futuro...

Arrivarono  al portone del castello e di nuovo il batacchio produsse due colpi metallici. TOC! TOC!
Dietro, la strega scivolava sul pavimento di marmo trascinando la veste consunta. Aprì la porta e la luce del mattino le ferì gli occhi. Riaprendoli, vide la delegazione di fronte alla sua porta e rimase a bocca aperta.
"Voi! Miserabili!", imprecò "Che cosa fate qui davanti alla mia porta e...tu ragazzina sei tornata ma senza il mio gatto!"
"Ma cosa dite Strega, il vostro gatto è qui, eccolo!", disse la fata Rosa porgendole il gatto che teneva fra le braccia.
"Quello?!" si stupì la strega, "Non è il mio gattaccio, quello!"
"Ma certo che è lui, adesso non lo riconoscete perchè era così malconcio prima, ma adesso guardate, è davvero il gatto più bello del mondo, più bello anche del mio e di quello del re! E voi, mia strega adesso dovete farci entrare perché non siamo qui per farvi del male, ma le abbiamo portato dei regali!"
"Regali? Regali? Per me? Ma che dite?" ,la strega non capiva ma aprendo ancora di più il portone si rese conto che c'era una lunga fila di persone dietro di lei. E nessuno di loro aveva armi e tutti la salutavano e le facevano sorrisi.

Incerta si scostò dalla porta e li fece entrare. Dapprima le donne del paese si diedero da fare a spolvevare, riordinare, e apparecchiare i tavoli del salone. Poi accompagnarono la strega nelle sue stanze e l'aiutarono a vestirsi, avevano portato per lei un abito di damasco azzurro, la pettinarono con i diademi e le infilarono i gioielli che avevano creato per lei.
La strega non poteva nulla contro quelle mani gentili che la coccolavano e l'adulavano. Mai aveva provato quella sensazione...o forse si, tanti anni fa, qualcuno...

Quando tornarono giù nel salone, dove aveva accolto la fata Rosa un mese prima, la stanza era irriconoscibile. Luce entrava dalle alte vetrate pulite e il pavimento, tolto lo strato di terra e sporcizia, era chiaro e rifletteva il chiarore del sole che filtrava dalle finestre. Ovunque era luce, sole e calore.
La strega non capiva e impressionata da tutta quella luce, svenne.
Tutti le si fecero attorno per soccorrerla e la fata Rosa le teneva la testa fra le mani. Quando rinvenne, pochi istanti dopo, la prima cosa che vide furono i brillanti occhi della fata Rosa e dietro di lei i sorrisi di tutte quelle persone che erano entrate come un fiume in casa sua. Sentiva uno strano tepore, nonostante fosse sdraiata sul freddo marmo del salone, lei sentiva caldo. Un caldo rassicurante.
Le coltri alle finestre erano state rimosse, e il sole illuminava il muro di fronte ove spiccava un ritratto, rimasto nascosto per anni dal buio e dalle tenebre in cui lei si era rinchiusa.
Quel ritratto era stato spolverato e ora la fissava in tutta la sua nitidezza. C'erano tre figure in quel ritratto, un uomo alto e bello, una donna dalla figura esile e il viso gentile che  sorrideva tenendo in braccio una bambina di forse quattro anni. Quella bimba era lei.


UN CUORE NEL SOLE

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